PREGHIERA DEI FEDELI

Preghiera dei fedeli di Domenica 27 febbraio 2022

Celebrante: Dopo aver dato alla nuova comunità gli Apostoli e le Beatitudini, Gesù enuncia alcune parabole che potremmo dire di indirizzo per contrastare l’ipocrisia di chi ha la pretesa di sapere e vuole insegnare. Famosa la parabola della pagliuzza e della trave: Come puoi dire a tuo fratello lascia che ti tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio giacché tu stesso non la vedi? Il tono di Gesù è ironico: quando uno è riuscito a togliersi la trave che ha conficcato nell’occhio gli passa la voglia di andare a cercare le pagliuzze negli occhi dei fratelli. Preghiamo tutti insieme il Padre: Fa che ci curiamo della trave che trafigge il nostro occhio piuttosto che delle pagliuzze che infastidiscono quelli dei vicini.

Lettore. Gesù dà un criterio per l’autenticità del discepolo? Sono i frutti.  Quando questi frutti arricchiscono la vita, comunicano vita, vengono da Dio. Gesù fa l’esempio comprensibile a tutti: Non vi è albero buono, bello, che produca un frutto cattivo né vi è d'altronde un albero cattivo che produca un frutto buono, bello. Quindi il criterio dell’autenticità non è la dottrina, l’ortodossia, ma il frutto che si produce. Se un messaggio produce vita, arricchisce la vita degli altri viene senz’altro da Dio perché Dio è l’autore della vita. 

Preghiamo tutti insieme il Padre: Fa che ci curiamo della trave che trafigge il nostro occhio piuttosto che delle pagliuzze che infastidiscono quelli dei vicini.

Questo criterio di autenticità del discepolo porta ad una conclusione: “l’uomo buono ha un vero tesoro conservato nel suo cuore”. Il cuore inteso come cultura e cioè la mente, l’intelligenza, la coscienza, l’esperienza, la capacità di estrarre il bene dalle cose. Chi si alimenta di bene inevitabilmente produce il bene per gli altri. Ecco perché è importante alimentarsi soltanto di quello che Luca indica come il bello, il buono. Quello che in noi diventa fonte di alimento produce alimento per gli altri.
Preghiamo tutti insieme il Padre: Fa che ci curiamo della trave che trafigge il nostro occhio piuttosto che delle pagliuzze che infastidiscono quelli dei vicini.

Celebrante. L’evangelista Luca giunto al versetto 46 ha ancora una postilla da aggiungere che il liturgista dimentica. Una cosa molto semplice “Perché mi chiamate Signore Signore e poi non fate quel che vi dico?”. Ecco, quello che chiama “Signore Signore”, vuole affermare che la dottrina è perfetta, che l’ortodossia è perfetta, ma se poi non fa quello che dice Gesù per Gesù è una persona inutile. Padre fa che le nostre parole rispondano sempre ai nostri sentimenti e non dobbiamo mai essere giudicati inutili. Questo ti chiediamo per Cristo nostro Signore.

Vangelo e letture di Domenica 27 febbraio 2022
Dal Vangelo secondo Luca 6,39-45

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: ‹Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio›, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda”.

venerdì 25 febbraio 2022

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50 PAROLE GRECHE DEL NUOVO TESTAMENTO

Aggiornamenti RssGianfranco Ravasi
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La pagliuzza e la trave
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” Perchè guardi
la pagliuzza
che è nell’occhio
del tuo fratello
e non ti accorgi
della trave che è
nel tuo occhio?”

(Luca 6,41)
«Un discepolo si era macchiato di una grave colpa. Tutti gli altri reagirono con durezza condannandolo. Il maestro, invece, taceva e non reagiva. Uno dei discepoli non seppe trattenersi e sbottò: “Non si può far finta di niente dopo quello che è accaduto! Dio ci ha dato gli occhi!” Il maestro, allora, replicò: “Sì, è vero, ma ci ha dato anche le palpebre!”». Siamo partiti da lontano, con questo apologo indiano, per commentare una delle frasi più celebri del Vangelo, dedicata alla falsa correzione fraterna.
Sappiamo, infatti, che lo stesso Gesù suggerisce di «ammonire il fratello se commette una colpa contro di te» (si legga il paragrafo di Matteo 18,15-18). Ma è inesorabile contro gli ipocriti che correggono il prossimo per esaltare sé stessi e, anche in questo caso, è difficile trovare una più incisiva lezione rispetto a quella che ci è offerta dalla parabola del fariseo e del pubblicano (Luca 18,9-14). In tutti gli ambienti, anche in quelli ecclesiali, ci imbattiamo in questi occhiuti e farisaici censori del prossimo, ai quali non sfugge la benché minima pagliuzza altrui, sdegnati forse perché la Chiesa è troppo misericordiosa e, a loro modo di vedere, troppo corriva.
Si ergono altezzosi, convinti di essere investiti da Dio di una missione, consacrati al servizio della verità e della giustizia. In realtà, essi si crogiolano nel gusto sottilmente perverso di sparlare degli altri e si guardano bene dall’esaminare con lo stesso rigore la loro coscienza, inebriati come sono del loro compito di giudici. Ecco, allora, l’accusa netta di Gesù: guarda piuttosto alla trave che ti acceca! «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello» (6,42). E poche righe prima, in questo che gli studiosi hanno denominato il “Discorso della pianura” (parallelo al “Discorso della montagna” di Matteo), egli aveva ammonito: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati!» (6,37).
Purtroppo, dobbiamo tutti confessare che questo piacere perverso di spalancare gli occhi sulle colpe del prossimo è una tentazione insuperabile che ci lambisce spesso. Quel racconto indiano che abbiamo citato in apertura è accompagnato da un paio di versi di un celebre e sterminato poema epico indiano, il Mahabharata, che affermano: «L’uomo giusto si addolora nel biasimare gli errori altrui, il malvagio invece ne gode». Bisogna riconoscere – come ribadiva l’umanista mantovano Baldesar Castiglione (1478-1529) nel suo trattato Il Cortegiano – che «tutti di natura siamo pronti più a biasimare gli errori che a laudar le cose bene fatte». Ritorniamo, comunque, a quel discorso di Gesù proposto dal Vangelo di Luca e riprendiamo un’altra frase che sia da suggello a questa nostra riflessione sull’ipocrisia: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (6,36).

Con Aida alla scoperta del Regno

Tu mi hai guidato sulla strada della misericordia

In memoria di Aida camporeale Giacomantonio nel V anniversario del suo transito e nel cinquantesimo di matrimonio(27 giugno)

2 dicembre 2016

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per scaricare il libretto clicca qui sopra

Mons. Francesco Micciché al Dott. Giacomantonio

Mons. Micciché
Carissimo e stimatissimo dottor Michele, la sua lettera al Santo Padre è un balsamo salutare per il mio cuore ferito da infami calunnie, è una dolce carezza che allevia il mio dolore e mi dà la bellissima sensazione di non essere solo e abbandonato. Alla vigilia della solennità liturgica dell’Immacolata concezione non poteva esserci per me regalo più bello. Grazie di vero cuore. La ringrazio per l’affetto, la stima, l’amicizia che mi ha sempre manifestato fin dai tempi del mio servizio pastorale nelle Isole Eolie. Il mio grazie a lei va anche per la sua fedele e intelligente collaborazione alle varie iniziative che in quel periodo assai fervido abbiamo intrapreso, iniziative che hanno avuto dei risvolti positivi non solo per le Eolie, ma anche per tutta la provincia di Messina. La nostra azione attraverso la scuola di formazione al socio-politico ha varcato allora i confini della Sicilia e ha avuto un eco nella stampa nazionale e nella televisione . Ho nostalgia di quei tempi e mii rifugio spesso nel ricordo. Le chiedo la carità di ricordarmi al buon Dio nelle sue preghiere perchè mi dia forza e coraggio di affrontare la dura battaglia della vita e mi tenga forte nella fede. L’abbraccio con affetto e di cuore la benedico, oggi celebrando la divina Eucaristia insieme a lei porterò all’altare la sua carissima moglie che dal cielo continua ad essere per lei compagna fedele e angelo buono.

Lettera aperta a S. Santità PapaFrancesco riguardo al Vescovo Micciché

Lettera aperta a S. Santità Papa Francesco sulla vicenda del Vescovo Francesco Micciché

Francesco e Micciché
Santità,
Lei conosce la vicenda di monsignor Francesco Micciché già Vescovo di Trapani inopinatamente e traumaticamente deposto, proprio al culmine della sua azione pastorale, con grande sconcerto di un grande numero di cittadini e cristiani. Cittadini e cristiani che hanno avuto modo di conoscere il Vescovo Francesco prima nella Arcidiocesi di Messina, Lipari e S.Lucia del Mela come vescovo ausiliare e poi in quella di Trapani. Nelle isole Eolie ha lasciato un ricordo forte ed indelebile contribuendo significativamente al rinnovamento religioso di queste isole ed al passaggio da una religiosità legata alle feste ed alle tradizioni popolari ad una fede adulta capace di misurarsi sui problemi sociali e politici.
Non spetta a me entrare nel merito dei fatti accaduti e sindacare i comportamenti delle autorità ecclesiastiche in questa vicenda, anche se le notizie che sono trapelate creano sconcerto e grande tristezza. Dov’è la Chiesa profezia di un mondo caratterizzato dalla fraternità e dall’amicizia civile? Dov’è la Chiesa che non giudica e sa ascoltare tutti a cominciare da chi è impegnato in situazioni difficili? Quella che si intravvede, in questa vicenda, è invece una chiesa dell’omertà e del silenzio, una chiesa che si chiude a riccio e crede di potere risolvere tutto al proprio interno senza dare conto a nessuno. Una chiesa che non ha capito come oggi l’opinione pubblica non è un male ma un valore. Altrimenti non si è una comunità ma un regime.
Santità,
l’impressione che si ha è che i comportamenti di questa vicenda siano tutti in controtendenza non solo rispetto alla Sua azione pastorale che il mondo intero ha imparato a conoscere ed apprezzare in questi ventuno mesi del Suo pontificato, ma anche con la Chiesa emersa dal Concilio Vaticano II.
Lei non ha pensato due volte a compiere scelte coraggiose e fortemente innovative con grandi ripercussioni a livello mondiale. Certo questa vicenda ha dimensioni al più regionali eppure ci sembra che non sia meno importante per la Chiesa ed il popolo di Dio. Dissolvere le ombre che si sono formate, ricostruire con coraggio e carità la verità dei fatti, ripristinare la giustizia, non è cosa da poco anche se riguarda solo una diocesi.
Santità.
Lei ci insegna che il fare un passo indietro, il tornare sui propri passi non sempre è segno di debolezza, ma molte volte è dimostrazione di forza. Quella forza che ci viene dal Signore che fa nuove tutte le cose, anche i comportamenti tradizionali, anche le prassi consolidate.
Ecco Santità, rinnovi il comportamento della burocrazia vaticana, chieda che si riverifichi tutta la vicenda e se non ci sono, come in molti crediamo che non ci siano, responsabilità del Vescovo Francesco Micciché gli si dia la possibilità di riprendere la sua azione pastorale. E così si darà anche al Popolo di Dio che è in Sicilia, e che da questa vicenda è rimasto ferito, la gioia di far parte di una comunità viva dove si può anche sbagliare ma dove non si ha paura di verificare i propri passi ed, eventualmente, di riconoscere gli errori.
Con infinita umiltà da un cristiano come tanti che, giunto a settantaquattro anni, ama la Chiesa ogni giorno di più.
Michele Giacomantonio – Lipari

Chiunque condivide questo appello può aggiungere la sua firma alla mia e rilanciare il documento sul web.

Nasce il Consiglio Pastorale di San Pietro, Madonna di Portosalvo e Cattedrale per fare comunione nelle parrocchie.

Mercoledì 8 ottobre, sotto la presidenza del parroco Mons. Gaetano Sardella si è tenuta nella chiesa di San Pietro la riunione costitutiva del Consiglio Pastorale Interparrocchiale di S. Pietro, della Madonna di Portosalvo e della Cattedrale.
Nella sua relazione introduttiva il dott. Michele Giacomantonio ha sottolineato come i Consigli della Chiesa non sono strutture burocratiche ma strumenti di comunione e si è soffermato ad illustrare il significato profondo che questo termine “comunione” ha nella teologia perché riguarda l’essenza di Dio che è in se stesso comunione trinitaria. Un Dio quello cristiano che nella storia vuole instaurare un dialogo libero con l’uomo per realizzare con lui la comunione.
Da questa teologia discende una spiritualità che si esprime soprattutto nella ricerca di un rapporto dei credenti fra di loro e con i non credenti per quanto diversi essi siano. Anzi la diversità è un dono perché ci permette di cogliere meglio il mistero di Dio. Diceva il teologo protestante Bonhoeffer che morì martire nei lager nazisti: «Dio non ha fatto l’altro come l’avrei fatto io. Non me lo ha dato come fratello perché io lo domini, ma perché in lui io trovi il mio Creatore”.
Sempre da questa teologia discende una ecclesiologia di comunione che ha avuto un momento fondamentale nel Concilio Vaticano II che ha presentato la Chiesa come “mistero” con al centro il Popolo di Dio superando la visione del Concilio di Trento che la voleva “società perfetta” affermando che fuori di essa non c’è salvezza. Un popolo di sacerdoti – siano essi pastori o semplici fedeli – , con pari dignità, chiamato ad offrire sacrifici spirituali a cominciare da se stessi, rendendo dovunque testimonianza a Cristo e ragione della speranza cristiana.
E’ in questa visione di Chiesa che nascono i Consigli pastorali che hanno una duplice funzione: rappresentano l’immagine della fraternità e della comunione dell’intera comunità parrocchiale di cui sono espressione; costituiscono lo strumento di decisione comune dove il ministero della presidenza esercitato dal parroco e la corresponsabilità dei fedeli devono trovare la loro sintesi.
In termini Diritto canonico il Consiglio è un “organo consultivo” ma il “consigliare” nella Chiesa rappresenta una necessità e costituisce un momento di fondamentale importanza della partecipazione dei laici alla azione pastorale della parrocchia in vista del comune discernimento.
Uno dei primi atti che compirà il nuovo Consiglio sarà quello di redigere un Progetto pastorale parrocchiale, in continuità con il Piano pastorale della Diocesi. Un progetto pastorale che affronterà problemi legati alla cultura ed alla formazione come una serie di seminari sulla famiglia per rendere più presenti i temi del Sinodo ; alla catechesi e cioè dal catechismo per i bambini ed i ragazzi alla catechesi per gli adulti; alla liturgia a cominciare dalla Messa domenicale; alla attività caritativa affidata alla Caritas e che non deve riguardare solo il banco alimentare, il banco farmaceutico, il mercatino dei vestiti usati ma essere soprattutto strumento di ascolto delle esigenze del territorio a cominciare da quelle dei più poveri ed emarginati; all’attenzione agli immigrati ed ai lontani; alla concessione in comodato gratuito di locali per attività sociali e no profit, ecc.
Una particolare attenzione, nel dibattito che è seguito alla relazione, è stato dedicato agli strumenti della comunicazione. Si è parlato di dare vita ad un giornalino ma ancora di più di creare un sito internet.
Si è parlato anche delle manifestazioni pubbliche: processioni, raduni, marce, pellegrinaggi ed in particolare di una manifestazione “della misericordia e della speranza” di intercessione per i malati delle isole che dovrebbe essere promossa nei prossimi mesi.
Infine spetta al Consiglio Pastorale fissare i criteri e decidere le scelte di fondo circa l’amministrazione e l’uso dei beni e delle strutture della parrocchia in spirito di povertà e condivisione e di approvare il bilancio dell’amministrazione parrocchiale presentato e sottoscritto dal Consiglio parrocchiale per gli affari economici.

La relazione di Michele Giacomantonio “Cosa è il Consiglio Pastorale: compiti e finalità” è pubblicata nella rubrica “Vita cristiana”.

Sky megafono di Grillo?

Su SkyTG24 tutti i giorni viene proposto un sondaggio on line chiedendo di votare col tasto rosso o col tasto verde. Sarà un caso ma negli ultimi due giorni si propone un referendum pro o contro Grillo contrapponendolo a Renzi o alla Boldrini. Io non so se è un difetto del mio televisione ma in entrambe le votazioni se io votavo a favore di Renzi o la Boldrini e contro Grillo il voto non veniva calcolato perché il televisore risultava “scollegato da internet” lo stesso non succedeva se sceglievo Grillo . Stamattina c’è una bella intervista su Repubblica al politologo Canfora sulla responsabilità dei media nell’ amplificazione delle intemperanze ( si fa per dire) di Grillo. Vuoi vedere che questa amplificazione non avviene solo tramite l’informazione ma anche taroccando i sondaggi? D’altronde Sky si è particolarmente distinta in questi mesi per riproporre in maniera ossessiva continua tutte le stupidagini di Grillo e i grillini.

Perché ho scritto “Una storia…infinita”

Domenica 29 dicembre, nel salone delle Suore francescane dell’Immacolata Concezione di Lipari, ho tenuto un incontro in cui ho spiegato le ragioni per cui ho scritto il libretto “Vi racconto una storia …infinita” che il Parroco, Mons. Gaetano Sardella ha voluto distribuire, il giorno di Natale, ai parrocchiani. Ho cercato di dare anche delle chiavi di lettura e delle indicazioni per chi volesse approfondire. Il libretto si inspira infatti ad una teologia trinitaria, alla teologia ecumenica della kenosis cioé dello svuotamento di Dio e dclla condivisione sempre più ampia della sua divinità, ad una lettura della vita terrena del Figlio che va riscoprendo sotto la guida dello Spirito la sua figliolanza divina di cui aveva perso memoria alla nascita, alla teologia della centralità del Regno di Dio che raccoglie anche i frutti buoni di questo mondo e con cui noi, già ora, possiamo entrare in comunicazione.

Forse la parte più innovatrice è proprio quella del Regno di Dio e del mistero del già e non ancora.

Per chi è interessato a conoscere quanto ho detto il 29 dicembre può cliccare sul link qui sotto:

http://michelegiacomantonio.com/vita-cristiana/perche-il-libretto-vi-racconto-una-storiainfinita/

Per chi invece vuole leggere il libretto “Vi racconto una storia…infinita” clicchi qui:

http://michelegiacomantonio.com/vita-cristiana/vi-racconto-una-storia-infinita/

Perché mi sono dimesso da Portavoce.

Martedì 17 dicembre raccogliendo un invito della direzione del Partito Democratico, di cui faccio parte, mi sono dimesso da Portavoce del Sindaco con una lettera inviata al suo ufficio di Gabinetto ed al suo telefono cellulare e poi ai giornali on line locali. L’intera lettera la si può leggere nella rubrica “Dentro i problemi” .

Qui voglio sottolineare due passaggi di questa:

Devo riconoscere che mai la mia attività di portavoce mi ha creato problemi in questi sette mesi che è durata la nostra collaborazione e che tutto ciò che ho scritto ed ho detto lo ho fatto convinto di quello che affermavo e sostenevo. Certo può darsi che alcune cose io li avrei affrontate diversamente con più “determinazione” come per esempio nel caso del depuratore ma non è detto che avrei avuto, per il nostro Comune, risultati migliori di quelli che hai ottenuto tu. Di più ho ammirato la tua prudenza nell’affrontare il nodo della Lipari porto spa e ti auguro che tutto possa risolversi per il meglio. Per diverse cose sono stato orgoglioso di questa Amministrazione come, per esempio, dei risultati ottenuti per la tassa di sbarco che ritengo uno dei successi più significativi da te conseguiti, finora.

Per tutto questo, caro Sindaco, proprio per questa collaborazione leale e condivisa io non potevo accettare la nomina ad assessore del dott. Starvaggi. Non perché non sia una persona per bene e non abbia competenze ma perché non è giusto, non è corretto, non è educativo che uno cambi posizione politica senza motivarla e giustificarla. Tutti possiamo ricrederci e riconoscere che in passato abbiamo compiuto degli errori soprattutto quando si è fatto parte di una Amministrazione che tanto danno ha arrecato alle nostre isole. Non farlo è portare acqua al mulino di chi sostiene che i “politicanti” (termine  che detesto) sono tutti eguali.

E questo non è vero. Anzi proprio tu hai dimostrato – nei fatti prima che nelle parole – che sei un Sindaco diverso da quello che ti ha preceduto. In questo atto amministrativo, a mio avviso, sta il tuo errore che io, come tuo portavoce, non avrei mai saputo e potuto giustificare. Per questo, l’altra sera quando nel Direttivo del mio partito si discuteva di dare un segno concreto al nostro disagio, io ho manifestato la mia disponibilità a dimettermi perché temevo che si fosse presa una china del tutto diversa dal passato e la mia collaborazione non sarebbe più stata lineare e trasparente come lo è stato sino ad oggi. Di più le mie dimissioni non sarebbero state così devastanti come quelle di un assessore.”.

Qualcuno ha voluto notare che nel 2000, durante la mia sindacatura, anch’io nominai assessore un esponente politico che proveniva dall’opposizione e con questo ha voluto sottolineare una mia incoerenza. E’ vero. Nel 2000 di fronte ad una crisi politica della mia maggioranza che si riversava sulla Giunta io credetti di compiere un gesto distensivo chiamando a fare parte dell’Amministrazione il rag. Nuccio Russo. Ma di questa decisione ebbi a pentirmene subito perché la turbolenza della maggioranza e della giunta non diminuì ma aumentò. Oltre a pentirmi pagai cara questa decisione perché certamente concorse a fare precipitare quella sfiducia che nel giugno del 2001 mise fine alla mia esperienza gettando le Eolie in dieci anni di cattiva amministrazione dalla quale, con fatica, si sta cercando di emergere.

E siccome errare è umano ma perseverare è diabolico, ripresentandosi una situazione per molti aspetti similari io sono stato contrario all’inserimento in giunta del dott. Starvaggi perché arrivava da quella esperienza nefasta senza autocritica, e ancora di più perchè – guarda caso – in una tale operazione era ancora una volta coinvolto il rag. Nuccio Russo per cui probabilmente perseverare…è umano.

Che cosa ci dice la fede sull’aldilà?

Credo che una  delle difficoltà maggiori che si presentano ai credenti dinnanzi alla morte di una persona amata è il come continuare a pensarla vivente, come raffigurarsela. Sentiamo forte l’esigenza di parlare con lei, di pregare con lei, di continuare ad avere un rapporto vivo e intenso come era fino al giorno in cui ha chiusi gli occhi, ma ci si accorge che in questo la cultura religiosa non ci aiuta molto. Le immagini dell’aldilà che vengono offerte sono immagini eteree, leziose, del tutto improbabili: nuvole, angioletti in un mare di azzurro. Anche le “indiscrezioni” di cosa faremo nell’aldilà non aiutano molto: vivremo in una contemplazione continua  del Signore, si dice. Ma che significa? Significa che non faremo niente e guarderemo solo il volto di Dio? Sinceramente non è una prospettiva entusiasmante immaginare milioni e milioni di persone che se ne stanno, per l’eternità, seduti e guardano in estasi o sono immersi in adorazione, senza fare null’altro… E tutto quello che abbiamo sperimentato in questa vita: i bei progetti, i sentimenti, gli ideali? Tutto scomparso? Tutto “vanità delle vanità”? come reciterebbe il Quolet.

Lo strano è che di fronte ad una elaborazione e raffigurazione così indeterminata riguardante l’aldilà, la cultura religiosa sull’aldiquà cioè sull’esperienza sociale, sulla pace, sulla difesa del creato, si presenta con tutt’altro spessore: il ricco insegnamento sociale della Chiesa, il personalismo, il popolarismo sturziano, i testi del Vaticano II e via elencando. Sulla vita eterna invece , a parte la citazione in alcune preghiere tradizionali e la riproduzione stanca di alcune oleografie, vi è una forte afonia come se la Chiesa contemporanea, avendo  sviluppato una forte attenzione ai temi della socialità, temesse di essere accusata di evasione dalla dura realtà del quotidiano, dai problemi e dalle difficoltà della vita di tutti i giorni. E così mentre la Chiesa ed i cristiani balbettano sull’aldilà, si diffondono e si radicano – soprattutto fra le nuove generazioni – feste come quelle di Halloween del tutto estranee alla nostra tradizione, che provengono da culti celtici diffusi negli Stati Uniti e favoriti da una surrettizia spinta consumistica e dalla moda indotta da tutta una serie di filmati per la tv su un aldilà dominato dall’horror.

In realtà quando ho preso a studiare ed a riflettere su cosa un cristiano può dire della vita eterna e dell’aldilà, mi sono accorto di trovarmi, invece, di fronte a tematiche per nulla evasive ma che eventualmente rimandavano ad un più forte impegno nella vita sociale, politica, culturale perché aldiquà ed aldilà non sono due realtà del tutto estranee. Così, mi sono detto, che la celebrazione dei Santi l’1 novembre e la commemorazione dei defunti del giorno due – due appuntamenti fra loro strettamente connessi – poteva essere l’occasione per riproporre una riflessione su quella che un tempo veniva chiamata “teologia dei novissimi” e così quando la Comunità parrocchiale di S.Pietro ha deciso di affrontare questo tema giovedì 31 ottobre alle 18 nel salone dell’Istituto della Suore francescane ho accettato volentieri di introdurre l’argomento.

Da dove ripartire in questa riscoperta dell’aldilà se non dalla Resurrezione di Gesù Cristo? La Resurrezione è la dimostrazione che la vita eterna é possibile anzi che con la Resurrezione del Cristo si apre una pagina nuova nel creato: la vita umana diventa eterna. Chiunque crede in me, dice Gesù, avrà la vita eterna (Gv 3, 15).

La Resurrezione di Cristo è un evento unico ed al tempo stesso rivoluzionario non solo della storia dell’uomo ma dell’intera creazione. Nella storia dell’uomo non è mai accaduto che un morto resuscitasse – non per tornare a morire come è stato, per esempio, per Lazzaro – ma per vivere in eterno. Questo fatto unico ed eccezionale è anche rivoluzionario perché ha sconfitto la morte ed ha aperto la strada verso la resurrezione a tutti gli uomini sia quelli premiati con la vita eterna sia quelli puniti con la dannazione eterna; quindi ha cambiato profondamente la vita eterna trasformandola dal Paradiso in cui la Trinità viveva con la schiera degli angeli nel Regno di Dio che accoglie, trasfigurati e glorificati, anche i frutti positivi dell’umanità e questo sia per i valori, i sentimenti e le virtù sia per le strutture.

Ecco questa è la prospettiva che cercherò di approfondire. Una prospettiva che concretizza la vita eterna, la strappa alle immagini devozionali e ne fa il punto di arrivo di tutte le speranze, le passioni, le utopie positive della storia degli uomini.

Per il testo intero della relazioneIl Regno di Dio fra vita eterna e vita terrena