Parco Nazionale Eolie e il problema dello sviluppo

Il turismo ha rappresentato, a partire dagli anni 60, praticamente l’unica opzione di riscatto per le isole minori italiane in genere da una povertà che sconfinava nella miseria . Esso però oggi va esplicitando i limiti connessi alla stagionalità, e si richiede comunque che .non rappresenti l’unica vocazione economica del territorio, che ne risulterebbe fortemente impoverito. Si chiede cioè che il turismo oltre che impegnato nel prolungamento della stagionalità, venga considerato come un volano per il rilancio e la riqualificazione anche di altre attività produttive.

Per potere divenire il turismo una risorsa per tutto l’anno è necessario che vengano esaltati sempre più i suoi caratteri naturalistici e culturali con la promozione nelle Eolie innanzitutto del Parco nazionale previsto dalla finanziaria 2008 e quindi di parchi tematici, sentieristica, musealità, congressistica e convegnistica, ecc. Inoltre insieme al turismo occorre sviluppare tutta una serie di attività ntegrative quali lo sviluppo di prodotti locali (agricoltura, pesca e artigianato), l’offerta di tradizioni e folk locale, la produzione di eventi di grandi richiami (festival, premi letterari, competizioni, sagre..).

La stagionalità è la sofferenza maggiore che lamentano le isole minori italiane. Di fronte a due tre mesi di turismo di cui alcune settimane addirittura caotiche, vi sta il lungo inverno dove non solo l’economia ma la vita stessa ristagna, i collegamenti si fanno difficili come difficili, e fortemente onerosi, si fanno le possibilità di accedere ai servizi sanitari, al sistema scolastico, alle varie offerte culturali e di arricchimento della qualità della vita Da qui non solo l’esigenza che si miri al prolungamento della stagione utile senza il quale nessuna iniziativa economica veramente autonoma può sperare di mantenersi sul mercato e di prosperare, ma anche quella di combattere il pericolo concreto che la gran parte di queste isole si spopolino in inverno con una perdita secca di tradizioni e di cultura.

Di contro a questo rischio, che non va trascurato, esiste invece la possibilità di qualificare il loro sviluppo economico e sociale trasformandole da comunità marginali ed assistite a poli propulsori di sviluppo capaci di trascinare nella loro crescita anche i territori prospicienti. La grande scommessa delle isole minori italiane che i loro Comuni – riuniti nell’ANCIM ( Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) – hanno espresso già tredici anni fa nel Documento Unico di programmazione delle Isole Minori 2000- 2006, chiamato più correntemente DUPIM , è la promozione, nel “sistema Isole Minori”, di un modello di sviluppo locale a carattere “sostenibile”, incentrato sulla valorizzazione delle risorse locali (sviluppo endogeno). Un modello che parta dalle isole puntando sulla loro potenzialità vocative ma si estenda ai territori prospicienti creando dei poli di sviluppo dinamici capaci di acquisire significato anche nei processi macroeconomici a livello nazionale e regionale. Un modello da collocare all’interno di un sistema di concertazione, in grado di coinvolgere attori pubblici e privati.

Ma questo processo richiede gradualità ed una capacità di accompagnamento e di guida programmata e mirata alla destagionalizzazione. Una fase di accompagnamento da parte del Governo nazionale e possibilmente anche di quello regionale che non è prevedibile possa durare meno di 10/25 anni derogando ai tempi più incalzanti previsti da una corretta politica economica e di sviluppo che vuole togliere al sistema delle aziende la stampella del sostegno pubblico che spesso si è tradotta in inefficienza e disincentivo ad acquistare competitività ed efficacia. Il fatto è che non è possibile fare parti eguali fra diseguali ed è per questo che la “diversità” delle aree insulari – ed a maggior ragione quella delle piccole isole – è stata presa in considerazione anche nel Trattato di Amsterdam, all’interno del quale è stata operata un’integrazione all’art. 158 e aggiunto un allegato (numero 30) chiamato “Dichiarazione sulle regioni insulari” nel qualela Conferenzariconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola lo sviluppo economico e sociale. Tutto ciò ha portato, a livello istituzionale ed europeo, a rivedere le politiche di sviluppo rivolte alle regioni insulari e a prevedere politiche di sviluppo a livello comunitario, nazionale e locale che tengano conto di queste peculiarità, con particolare riferimento a programmi che privilegino il settore dei trasporti, della formazione e dei settori trainanti dell’economia, tra i quali assume una particolare rilevanza il settore turistico.

Il Parco nazionale delle Eolie – assieme all’entrata in vigore finalmente del piano di gestione dell’Eolie patrimonio dell’umanità – può essere la grande occasione per destagionalizzare il turismo delle Eolie e per creare il volano capace di attrarre risorse. Bisogna però uscire dalle contrapposizioni che sono esplose due anni fa quando si è posto il problema di creare l’Ente che doveva gestirlo. La dialettica che allora si è sviluppata è stata viziata da una posizione miope e strumentale dell’Amministrazione comunale, da una mancanza di chiarezza sui vincoli che ne derivavano, da una esasperazione di problemi marginali ( esempio la caccia). Il discorso va ripreso dalle fondamenta chiarendo che la vincolistica esistente è sufficiente a tutelare il nostro territorio e che la funzione di questo strumento non deve essere quella di aggiungere vincoli a vincoli ma di rendere operativi quelli esistenti. Il Parco nazionale delle Eolie  oltre a salvaguardare la natura e l’ambiente, ed a promuovere in generale  nell’arcipelago sentieristica e percorsi naturalistici legati alla flora, alla fauna ed al paesaggio, deve affrontare  il grande tema della riconversione dell’area di Lipari dove hanno operato le industrie della pomice realizzando tutta una serie di opere fondamentali per lo sviluppo turistico ed economico dell’isola di Lipari e dell’Arcipelago Eoliano a cominciare dalla creazione di un grande “Parco Geominerario”, che preservi la memoria storica dell’attività produttiva della pomice per le future generazioni e crei nuova occupazione con la realizzazione di un Centro di accoglienza, di una sentieristica guidata, di un visitor-centre, del ripascimento del litorale e il recupero delle spiagge bianche, e poi, utilizzando i soli fabbricati in disuso, la realizzazione di una sede universitaria di geologia e vulcanologia, un museo vulcanologico, un museo della pomice, un osservatorio permanente internazionale di ecologia marina, un centro culturale polifunzionale, un centro di talassoterapia.

DOCUMENTAZIONE

 

 

004 relazione generale Piano riconversione pomice Luglio 2006

Questo importantissimo documento è nato dalle discussioni e riflessioni maturate sul tema nell’ambito del centro sinistra liparese ed è dovuto alla penna ed agli approfondimenti del dott. Giuseppe La Greca.

DS e Margherita sulle vicende del 2006 e 2007

La lettera del 19 marzo 2007 di DS e Margherita al vice ministro on.D’Antoni sulla riconversione della pomice.

relazione definitiva pumex rev. del 7 giu (2)

Relazione della Pumex dell’8 giugno 2005 sulla riconversione dell’area ed il suo risanamento.

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